Quando sento parlare di Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence in inglese) mi si proiettano automaticamente due immagini precise nella testa. La prima è super mainstream, trattasi della serie televisiva di Jonathan Nolan “Person of Interest” che presumo tutti voi già conosciate. La seconda è il discorso di Jay Tuck al TEDx di Amburgo, dal titolo “Artificial Intelligence: it will kill us”. Sì, beh, non un titolo granché rincuorante, ma consiglio a tutti voi di vederlo.
Per chi proprio non ne sapesse nulla, per Intelligenza Artificiale s’intende una disciplina che studia se e in che modo si possano realizzare sistemi informatici intelligenti in grado di simulare la capacità e il comportamento del pensiero umano. È un programma, un algoritmo, scritto per mano umana, che si corregge e si migliora, in maniera del tutto autonoma, a un ritmo esponenziale e ad una qualità ancora oggi difficilmente comprensibile. Sostanzialmente esso stesso sviluppa il proprio modo di pensare, di ragionare, di operare. L’Intelligenza Artificiale è ormai al centro delle scelte tecnologiche di imprese e governi, nonché parte della vita quotidiana di tutti noi. Senza entrare troppo nello specifico, fate finta che l’IA sia un supercomputer con poteri sovrumani.
Quello che sta succedendo adesso, da un anno a questa parte, è che stanno diventando accessibili le prime intelligenze artificiali in grado di creare o modificare immagini. Non tutti ne sono a conoscenza, ma esistono sintetizzatori elaborati come Midjourney (o altri come DALL-E, Stable Diffusion, ecc.) in grado di creare immagini incredibili, di qualsiasi tipo, in qualsiasi stile e, cosa fondamentale, alla velocità di un “Invio” sulla tastiera. Produrre immagini con uno di questi strumenti non è per nulla complicato, basta sapere dare il comando desiderato al programma (il cosiddetto prompt) che interpreta le parole e renderizza le immagini. Io stesso inserendo come input “ice climber, on a huge orange ice candle in the mont blanc massive, with blue clothes, drone shot”, ho ottenuto quattro immagini diverse, ma simili tra loro. A questo punto il programma permette di generare altre quattro immagini nuove, generare altre immagini simili a partire da una delle quattro appena ottenute o, nel caso in cui foste soddisfatti con uno dei primi quattro risultati, fare l’upscale e scaricare l’immagine sul proprio computer.
Questa tecnologia sta già influenzando i settori della creatività: dalla moda al design, dall’arte alla fotografia. È solo questione di tempo prima che anche il mercato dell’outdoor, nelle sue declinazioni, ne subisca il fascino e, quindi, le conseguenze. In che modo?
Nel caso circoscritto a Midjourney, è stato testandolo che sono rimasto sconcertato dalle sue potenzialità. Trattandosi di una versione beta, quindi non definitiva, gli output che si ottengono sono davvero promettenti. Con un nuovo prompt “female skimountaineer portrait, low depth of field, blue eyed, red patagonia hat, blonde hair, studio lights”, ottengo una risposta che ha dell’incredibile.
Come se ciò non bastasse, l’Intelligenza Artificiale si migliora di giorno in giorno quanto un essere umano migliora se stesso in anni. Si sta parlando di una tecnologia i cui ruoli e poteri appaiono senza limiti. A questo punto presumo sia più che normale che qualsiasi fotografo inizi a preoccuparsi. L’Intelligenza Artificiale renderà superfluo questo lavoro? D’altronde perché un’azienda dovrebbe investire in risorse esterne quando, assumendo un coder (o come vengono definiti adesso director di IA), avrebbe risultati migliori (magari non adesso, ma in futuro non lo escludo) e a un costo inferiore?
Eppure è solamente la storia che si ripete. Con l’avvento della fotografia digitale e dei programmi di elaborazione di immagini, primo tra tutti Photoshop, la fotografia analogica, considerata da molti come la “vera fotografia”, si eclissò poiché troppo lenta, antiquata e costosa. L’IA pare che sia la risposta immediata alla domanda del “più veloce, più conveniente”, niente poco di meno degli attuali e folli meccanismi capitalistici. Magari la fotografia di alcuni ambiti manterrà vivo e inalterato il criterio di autenticità, ma i settori che hanno già perso quel valore in passato sono destinati ad essere inghiottiti inesorabilmente nel mulinello del nuovo sistema. Pare che solo i fotografi, o più in generale i creativi, che saranno in grado di importare le skills di IA nel proprio workflow potranno lavorare e vivere di fotografia, di arte.
Per quanto riguarda la montagna e il settore dell’outdoor non mi esprimo fiducioso. Ritengo la Natura e l’Amore i valori più alti a cui noi esseri umani possiamo ambire e non mi serve indagare più di quanto non abbia già fatto finora per dire che non c’è né Natura né Amore in tutto questo. Entrambi i capisaldi dell’Umanità verranno messi ulteriormente in crisi; secondo Jay Tuck fino al punto di non ritorno: quello della nostra estinzione.
La direzione di questo settore, come tanti altri, è il binario senza deviazioni di un treno in corsa sfrenata. Ci sarà sicuramente spazio per l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, nonché una spaccatura nel mercato tra domanda e offerta, creando nuove figure di lavoro. In certi settori il livello raggiungibile da un’IA sarà invece irraggiungibile dal 99% degli esseri umani. Forse ci sarà un ritorno più prepotente all’analogico come strumento per fare fotografia, parallelamente con un’auspicabile e desiderata decrescita dei prezzi delle pellicole. Ma queste, al momento, rimangono solo delle mie semplici supposizioni.
Tutto questo è un battito di ciglia rispetto a quello che avverrà col tempo: strani tempi ci attendono. Magari, spaventano pure. Parlandone, avrò anche contribuito ad accelerarne il processo, ma quello che invece davvero vorrei fare con questo articolo, oltre a mettere a conoscenza della tematica, è sensibilizzare verso confini ben più ampi: sarà e rimarrà sempre compito delle persone, degli esseri umani, scegliere la strada da seguire, la causa per cui battersi. La mia rimarrà amare la Natura, proteggerla, e con la mia fotografia aspirare ai valori dell’utilità, dell’etica e della giusta bellezza. E magari sopravvivere alla tecnologia.
Steve Polyak, molto prima di chiunque altro, ci aveva visto lungo. “Before we work on artificial intelligence why don’t we do something about natural stupidity?”